Updated on Maggio 7, 2024
MARE #6 Revisited: Cosa viene in seguito?
Sono già passati più di due mesi dalla fine dell’ultimo progetto MARE.
È stato difficile adattarsi, per tutti noi – aver lasciato quel paesaggio naturale, terra mitica di sirene e di creature marine, per adattarci di nuovo a quel mondo che abbiamo scelto, che sia la nostra casa, l’Italia o un qualsiasi altro luogo.
E credo che non passi giorno senza che ciascuno di noi non ripercorra con la memoria quello che abbiamo vissuto lì. Più il tempo passa, più ci accorgiamo dei cambiamenti piccoli, ma profondi, che questi nove mesi hanno inciso nelle nostre vite. Nessuno di noi se n’è andato facilmente – Come avremmo potuto farlo? Il progetto è stato uno dei momenti più importanti delle nostre storie fino ad ora! – Ecco perché stiamo cercando il modo di far germogliare alcuni dei molti semi che il MARE ci ha lasciato. Tutti noi siamo partiti con nuovi progetti e nuove risoluzioni per il futuro. E mentre riadattiamo le nostre vite a queste nuove personalità mareline che ci siamo costruiti, diffondiamo l’amore e i valori che abbiamo imparato da questa nostra esperienza insieme, che si tratti di opportunità offerte dall’Erasmus, del significato e dell’importanza del volontariato, di consapevolezza ambientale e, last but not least, della nostra crescita personale nei confronti del mare e della terra ferma, degli animali, della natura, dell’altro, di noi stessi. Siamo diventati dei colossi! (Non solo grazie alla pasta… Intendevo più in senso metaforico.)
Lavoisier (e con lui molti altri) lo hanno espresso bene in queste parole che risuoneranno per l’eternità:
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
È difficile convivere con la nostalgia della vita da marelini. Sapevamo sin dall’inizio che, come con qualsiasi altra cosa, anche quest’esperienza sarebbe giunta al termine, un giorno. Ma a noi non piacciono i fatalismi e non smettiamo certo di inseguire i nostri ideali! Non è davvero finita. Portiamo con noi questa esperienza e la diffondiamo ovunque siamo, dandole sempre nuove forme. Quest’esperienza vive in noi. Siamo noi.
Nessuno rimane lo stesso dopo il progetto MARE: siamo migliori, più grandi, più affamati, più sensibili, più consapevoli, più umani.
È un catalizzatore di sogni e ideali. Torneremo, questo è poco ma è sicuro. E nel frattempo, spacchiamo di brutto in giro per il mondo.
Per ora è tutto, bella gente! A presto e grazie di tutto!
Updated on Maggio 7, 2024
Lottando contro un Colosso nella Baia
Era la fine di Luglio, il picco della stagione estiva nel Sud Italia, a Ieranto, la baia al confine della penisola Sorrentina.
L’ acqua lì è limpida, la temperatura è di 29°C, e ricca di pesci e flora coloratissima che attrae tantissime persone. Non ò quanto facesse caldo, sprizzavamo sudore. Era dopotutto un altro giorno di monitoraggio della baia. Ero seduta nel kayak, ammirando l’ orizzonte con i suoi imponenti Faraglioni e la vastità della distesa d’ acqua. Negli orari morti non avevo preoccupazioni. Era mezzogiorno e non c’era troppo movimento in giro. Stavo pensando di fare un tuffo, rinfrescarmi, guardare i pesci e risalire sul kayak di nuovo. Nulla che non avessi già fatto. Ma mentre stavo per risalire sul kayak vidi un enorme yacht che attraversava la baia. Ho subito fischiato ai miei colleghi, Tony e David, affinché mi raggiungessero. Abbiamo remato a tutta forza per raggiungerli. Eravamo prostrati e provati, come tre formiche di fronte ad un elefante. Li abbiamo chiamati, abbiamo urlato verso quel corpo mostruoso galleggiante che non era autorizzato a gettare le ancore lì. Ma invano. Alcuni dei passeggeri ci guardavano indifferenti, si sono girati e una dozzina di metri più avanti hanno lanciato l’ ancora. Un’ enorme doppia ancora che cadeva nella nostra baia, nel mezzo della Posidonia oceanica!!
Chi erano queste persone?
Il Superfun yacht era lungo 40m e aveva una bandiera delle isole Cayman. Era un viaggio di lusso di quelli che paghi 80.000 euro a settimana per avere momenti che ti tolgono il fiato. Ma che razza di divertimento puoi avere se distruggi la flora e la fauna del posto che hai pagato così profumatamente per visitare? Ci siamo avvicinati di più e abbiamo chiesto di parlare con il capitano. Con nostra sorpresa abbiamo visto che c’era un gommone attaccato a questo gigante. Quando il capitano è finalmente arrivato ha iniziato a urlare in maniera arrogante e aggressiva, chiedendoci chi eravamo e a nome di quale autorità gli stavamo parlando. Aveva il viso rosso come un drago. Se avesse potuto avrebbe sputato fuoco e ci avrebbe ridotto in cenere in un lampo.
Educatamente gli ho mostrato i nostri documenti, anche se il suo atteggiamento mi aveva molto indispettita. Gli ho spiegato che Ieranto è un’ area marina protetta e quindi soggetta e regole particolari e che noi eravamo i guardiani della baia. Il nostro compito era di segnalare ogni illecito e di spiegare ad ogni visitatore come comportarsi adeguatamente in base alla normativa vigente.
A lui non importava nulla del regolamento del parco. Mi ha urlato “ e cosa succede se non rispetto queste regole??!” Ho voluto interpretarlo come un test delle mie capacità di argomentare il nostro ruolo lì e di restare calma nonostante le sue provocazioni.
Nella rabbia per essere stato sfidato ho fatto appello alla sua umanità. Nel frattempo diverse persone ci avevano circondati sulla barca. Ho cercato di ragionare con lui. Non avevo molti mezzi per impedirgli di stare lì, oltre che informarli che sarebbero stati segnalati alla Guardia Costiera. Quell’enorme mezzo acquatico era un deterrente per altre condotte scorrette. E diverse specie protette erano sotto quella imbarcazione.
Allora gli ho detto: “Rispetta le nostre leggi, aiutaci a proteggere la nostra baia.”
Il capitano ha ingoiato il rospo, era colui che doveva avere l’ ultima parola, nonostante non ci fosse nulla che potesse fare per non sembrare “cattivo” agli occhi dei suoi clienti. Quindi mi ha guardata arrabbiato e si è girato. Non avevo capito cosa significasse al principio. Qualche momento dopo ho sentito l’ ancora che veniva tirata su e i motori che ripartivano.
Ma non è finita qui. Lo yacht se ne è andato ma aveva lasciato il gommone giù. “i miei ospiti faranno il bagno qui!” disse con fermezza. Era un osso duro. Cos’altro potevamo fare? Ho detto ai miei colleghi, abbiamo fatto tutto, nella maniera più corretta possibile… dunque siamo rimasti lì e abbiamo aspettato accanto a loro, in modo da non dargli la privacy che desideravano.
Noi ci riteniamo i difensori di questa baia e rappresentanti dell’ ambiente. Come guardiani non siamo qui per combattere ma per fornire solide motivazioni con educata insistenza. Alla fine se ne sono andati, anche se dopo aver oltrepassato le regole e ignorato i valori del AMP.
Per noi è stata una vittoria personale. I soldi giocano un ruolo importante e influenzano molte opinioni e la morale della gente. Questa volta non hanno vinto. Questa volta siamo stati noi e quello che rappresentiamo è stato più forte del lusso e dello sfruttamento incontrollato dell’ ambiente.
Grazie a Francesca Punzo per la traduzione.
Updated on Maggio 7, 2024
Il portatore di una tradizione morente
Otto del mattino, la sveglia suona e io penso che sia una bugia. Non voglio alzarmi. Dieci brevi minuti nel letto che sembrano secondi e che sono penosi nelle dinamiche per uscire di casa in tempo. Indosso vestiti d’estate, una t-shirt bruciata dal sole, pantaloni corti strappati dal sale e dall’uso, una felpa contro il freddo mattinale. Feci un caffè di fretta e lo bevvi tutto d’un fiato. Scesi le scale a trotto cercando il mio passaggio, un portatore di una tradizione ancestrale. Il suo viso è una mappa, le sue mani hanno le marche di tutte le risorse che nel mare si possono trovare. I suoi occhi di un blu luminoso paragonabile alle macchie chiare del sabbiale marino dove la Posidonia non esiste. Fui con lui a pescare, a salpare le reti che aveva calato ore prima.
Le reti stavano davanti a casa mia, quel pezzo di terra paradisiaca al quale si chiamò Marina della Lobra, circa 500m dalla costa. Due chilometri di grovigli salpati, poi, dal mare. Fu la mia prima volta pescare; pensai potesse essere un jackpot perché avrei visto tantissimi pesci e perché avrei avuto ore e ore di lavoro per contarli, identificarli e misurarli. Il pescatore mi aveva avvertito che le mie aspettative erano troppo alte. Pensai: vedremo. In fin dei conti erano due chilometri di rete in un posto dove sempre c’è stata pesca abbondante. Quella gente è gente di mare. Il mio pescatore aveva in se generazioni e generazioni della stessa pratica. Era mio compito collaborare per uno studio di valutazione dello stato del mare e delle sue popolazioni di pesci. Identificarli, misurarli, contarli e pesarli. Una metodologia un po’ dettagliata ma non difficile.
Due ore erano passate. Cercai di capire come tutto funzionasse, cercai di addentrarmi nel quotidiano mattinale di un pescatore e insistetti nell’aiutarlo. Due ore passarono da quando avevamo cominciato a salpare la rete. Per mia fortuna, dopo 20min passati ad impegnarmi, vidi tre delfini saltellare vicino alla nostra barca… così vicino da passare circa 10m da noi. Ero felicissima! Fu la mia prima volta vederli nel loro habitat naturale. Il pescatore fu contento per me ma poi si inacidì credendo che alcuni dei nostri pesci sarebbero stati divorati per quegli animali tanto emblematici.
Il tempo passò e io non avrei mai pensato che due chilometri di rete portassero tanto tempo e in mezzo al sale e al sole, al sale e al mare, al sole e al freddo, le reti venivano vuote di pesce. Per mia felicità e conoscimento vidi pesci e altri animali marini che non avevo mai visto ma oltre di essere pochi erano anche piccoli. Capii che non era facile sfilacciarli dalla rete e che era necessaria molta pratica.
Alla fine di 2km di rete, di due ore di raccolta e di impegno, ero sorpresa e triste: in totale, avevamo pescato 12kg di pesce… e pezzi di plastica. Non è niente.
Non è niente!…
Il pescatore mi disse che quarant’anni fa lo scenario non poteva essere paragonato all’attuale, il pescato era abbondante con animali di grossa taglia. Lui giustica la causa di questa catástrofe con lo stato del fondale marino, che è sporco dovuto all’accumulo di plastica in tutte le sue forme. Sfortunatamente sono tanti gli altri motivi per cui il pesce scarseggia vertiginosamente. Ed è triste… Tutto questo mi porta a pensare che seppure gli sforzi di conservazione non siano pochi, siano lontani dall’ essere sufficienti.
Il mare sta morendo. Sta morendo davanti ai nostri occhi e sotto i nostri nasi.
Il mare non ha frontiere, né le delimitate per paesi né delimitate per aree marine protette come la nostra. Il nostro sforzo di conservazione si perde se in altri parti del mare non c’è protezione né uso responsabile delle sue risorse.
La questione si alza: è proprio vero che, se al passo in cui stiamo, nel 2050 ci sarà più plastica di pesce nel mare?
Non mi piacciono fatalismi neppure essere pessimista. Ma esperienze come questa mi fanno avere un’idea nuda e cruda della triste realtà di tanti posti e tutti noi sappiamo che da altre parti è incommensurabilmente peggio. Mai è stato così urgente l’esistenza di consapevolezza ambientale e capire che quello che succede nel mondo naturale ha delle ripercussioni sociali, economiche e politiche a tutti i livelli, dai più sottili ai più evidenti.
Mondo, svegliati. Se non agisci in favore di questa natura che ci ha dato tutti le risorse che ci hanno permesso di prosperare, lei morirà.
E noi pure.
Updated on Maggio 7, 2024
FESTA DEL PESCE
Il 29 Settembre la squadra MARE è andata alla Festa del Pesce in Positano per rappresentare l’area marina protetta e dare una mano allo staff.
La Spiaggia di Fornillo era affollata e le preparazioni per la festa hanno cominciato tre giorni prima dell’inizio dell’evento. Abbiamo conosciuto una grande parte dello staff, persone fantastiche con storie di vita pittoresche, come Claudia Irace e Daniele. Gli abbiamo assistito assemblando i bidoni di spazzatura per il riciclaggio. Centinaia di persone erano aspettate dunque dovremmo essere sicuri che la spiaggia era ben guarnita di bidoni. Quattro persone e una ora e mezza per realizzare questo lavoro.
Per nostro grande disappunto, le persone se ne fregano di usarli propriamente, nonostante che ogni bidone aveva colori e simboli diversi come istruzioni esplicite per il riciclaggio. In parte dovuto a questo, quest’anno l’ente organizzatore della festa ha deciso di investire fortemente in piatti e posate biodegradabili. Altro, mentre comunicavamo con il pubblico le attività e obiettivi principali della AMP e l’importanza della Posidonia in questi mari, sebbene abbiamo avuto buone reazioni del pubblico in generale, un gruppo di giovani locali rispose negativamente al nostro intento di promuovere sensibilizzazione ambientale. Loro hanno espressato così tanto disinteresse nelle nostre strategie di conservazione che uno di loro ha minacciato che noi troveremmo il nostro info flyer a mare se glielo dessimo. Pazzesco! Per noi questo è assolutamente demotivante: la completa cecità e inconsapevolezza della gente più la mancanza di interesse e il sentimento di non importanza dei giovani locali in riguardo all’ambiente che grandemente influenza le circostanze delle loro vita quotidiana.
Ma noi non smettiamo. Continuiamo a sorridere, resiliente, svegli, consapevoli e centrati nella impronta che vogliamo lasciare. Tanto quanto possiamo proviamo di contattare tutti. Continuiamo concentrati nella nostra missione durante la serata, abbiamo mangiato cibo strabuono, abbiamo riso, ci siamo divertiti e sicuramente abbiamo avuto migliori idee e strategie diverse per persuadere le persone ad avere un comportamento più environmental friendly nella prossima Festa del Pesce.
Updated on Ottobre 5, 2018
Caretta caretta in Cilento, edizione 2018: 6 nidi, 450 tartarughine!
Nel mese di Settembre, 4 di noi erano invitato dal centro di ricerca di tartarughe marine “Stazione Zoologica Anton Dohrn Napoli” per partecipare al monitoraggio di due delle sei nidi di tartarughe Caretta caretta in Cilento.
Perché le nascite erano aspettate più o meno nel stesso tempo, abbiamo fatto due squadre: due di noi sono andati a Caprioli e gli altri erano a Montecorice. Il primo gruppo ha iniziato il 4 di settembre con il piano di rimanere fino il 13, mentre il secondo era dall’8, con la prevista di farlo fino il 16.
È più o meno possibile di sapere quando le piccole tartarughe dovrebbero uscire della sabbia ma come l’abbiamo sperimentato in Cilento, quando la natura è coinvolta niente è sicuro! Per questa ragione, dall’inizio alla fine era necessario di sorvegliare i nidi 24/24 ore, in caso di movimento.
L’incubazione dura circa 60 giorni. I piccoli escono dalla sabbia 3-7 giorni dopo di avere rotto il loro uovo. Nascono con una piccola sacca embrionale che gli procura nutrizione per questi qualchi giorni sotto la sabbia prima della loro uscita. Il liquido contenuto nelle uova forma un genere di bozzolo attorno alle uova, e dal momento in cui questo bozzolo si rompa, sappiamo che i giovani escono presto. A una profondità circa a 30-50 centimetri, i piccoli lavorano insieme per arrivare alla superficie, e può richiedere ore prima di vedere la prima testa! Allora, appena la prima tartaruga uscita, si può vedere le tartarughine saltare fuori dalla sabbia come popcorn!
I due nidi si sono comportati in modo molto diverso.
A Caprioli dopo 2 notti in spiaggia, a prendersi cura del nido, finalmente nella notte del 7 settembre escono 53 tartarughe e poi altre due tartarughe scoppiano dalla sabbia, una la notte dopo e un’altra il 9 (dopo le prime nascite è ancora possibile che alcuni piccoli emergano nelle tre notti successive).
A Montecorice abbiamo appena finito di allestire il campo attorno al nido che il bozzolo si rompeva (annunciando che presto arriverebbero i neonati), dopo di che abbiamo ricevuto spiegazione sul nostro lavoro, e un’ora e mezza dopo 102 cuccioli sono emersi. Abbiamo allora tenuto i bambini per un’ora e mezza a scopo di ricerca: una volta che abbiamo pesato, misurato e controllato 34 dei 102, li abbiamo liberati tutti e li abbiamo visti camminare nel mare.
È interessante sapere che entrambi i nidi hanno prodotto una maggiorità di femmine perché il genere della tartaruga è determinato dopo la fecondazione: come la maggior parte delle tartarughe, alligatori e coccodrilli è la temperatura della progenie in via di sviluppo che determina se sarà maschio o femmina! In fatti, più caldo è, più probabilmente è per produrre femmine, e al contrario più freddo produrrà maschi.
L’11 settembre, la squadra di Caprioli aveva chiuso il nido e venne ad assistere all’apertura del nostro nido a Montecorice. L’apertura del nido è una parte cruciale delle indagini sui nidi delle tartarughe perché permette di scoprire cosa è successo sotto la sabbia negli ultimi 70 giorni. Ad esempio abbiamo scoperto che il nostro nido era un nido molto sano, con il 93 per cento delle uova che ha dato alla luce piccoli, che alcune delle uova non avevano embrioni visibili, altre si, o anche che nessuna tartaruga è morta durante il viaggio fino alla superficie … Dopo aver prelevato campioni di DNA delle uova morte, abbiamo chiuso il nido e festeggiato questo bellissimo evento!
È stata un’esperienza straordinaria di dormire sulla spiaggia e vedere nella vita reale quello che ho visto da bambino nei documentari!