Incontro al Centro recupero delle tartarughe di Portici

Domenica 26 di giugno, 3 di noi, volontari del Progetto M.A.R.E., insieme a circa 30 studenti americani, abbiamo visitato un lluogo speciale ligato alle scienze marine : la Stazione Zoologica de Portici.

Arrivando per primi a Portici abbiamo appreso che la Stazione Zoologica in passato era il mattatoio del Re di Napoli. È piuttosto ironico, visto che dal 1986 l’edificio è diventato un centro per tartarughe, e anche se la parte esterna è decorata con tori, all’interno è ospitato un ospedale veterinario per le tartarughe. Si tratta di una struttura a breve termine per le tartarughe, fino a quando non riescono a migliorare le loro condizioni e, si spera, a essere rilasciate con successo

Visita guidata alla Stazione Zoologica di Portici.

Le due domande principali che sono balzate alla mente di tutti sono state: perché e come le tartarughe arrivano lì e perché prestiamo tanta attenzione alla loro riabilitazione? In primo luogo, la specie principale che si trova nella Stazione Zoologica di Portici è la tartaruga marina Caretta caretta, una specie di tartaruga molto conosciuta per la sua nidificazione sulle spiagge sabbiose del Mediterraneo. Le femmine adulte di Caretta caretta, quando sono pronte a riprodursi (ogni 2-3 anni), visitano la spiaggia in cui sono nate e con le loro pinne creano i loro nidi. Al momento della schiusa, le tartarughe appena nate emergono insieme da sotto la sabbia e, guidate dalla luce della luna e delle stelle, tornano in mare e nuotano per 24 ore di fila. A volte, a causa dell’esistenza di fonti di luce esterne, i neonati possono essere disorientati. Per evitare che ciò accada, gli scienziati sulle spiagge ad alto inquinamento luminoso posizionano dei tessuti scuri intorno al nido. Dopo questo passo, e per 20 anni, nessuno sa dove si trovano esattamente, poiché sopravvivono seguendo le correnti e non ci sono abbastanza informazioni su come riescano a vivere o cosa facciano. I neonati sono in grado di ricordare la composizione chimica del loro luogo di nascita e i campi magnetici che li riconducono ad esso, ed è per questo che sono in grado di ritornare qua per la propria riproduzione.

La guida ci ha spiegato in dettaglio le tre sfide principali che le tartarughe marine devono affrontare e che sono strettamente legate al loro modo di vivere e di riprodursi.

  1. Il cambiamento climatico è un grande problema per loro, perché il sesso dei piccoli non è determinato dai geni, ma dalle condizioni ambientali del nido. La temperatura è il parametro principale che controlla il rapporto tra i sessi, poiché le alte temperature portano alla prevalenza di individui di sesso femminile, mentre le basse temperature portano alla presenza di individui di sesso maschile. In un nido, a seconda della posizione delle uova, di solito quelle in alto sono le femmine, mentre quelle in basso sono i maschi. Questo è il risultato dell’esposizione delle uova in alto a temperature più elevate. Il cambiamento climatico, tuttavia, ha portato all’aumento della temperatura, di conseguenza anche sulle spiagge. Questo crea una tendenza molto pericolosa per la specie, cioè il rapido aumento delle femmine nelle comunità di caretta, femmine che non hanno abbastanza maschi per riprodursi. A volte gli scienziati, durante il monitoraggio delle nidificazioni e delle schiuse, raffreddano artificialmente i nidi per assicurarsi che nascano anche i maschi.
  2. La pesca e le imbarcazioni ad alta velocità (barche da diporto o da pesca) sono un’altra minaccia per le tartarughe. Le tartarughe rimangono spesso impigliate negli attrezzi da pesca (soprattutto reti e ami abbandonati) o vengono gravemente danneggiate dalle imbarcazioni. Una grave ferita sul carapace può portare a problemi al sistema nervoso, che è strettamente connesso al carapace. Tali lesioni sono molto difficili da curare. Due delle tartarughe nel centro di Portici sono in terapia intensiva e non possono essere liberate, a causa della gravità delle lesioni sui loro carapaci.
    Plastica racollata dallo stomaco di una tartaruga marina

    3. La plastica viene spesso scambiata per cibo dalle tartarughe. Le tartarughe marine sono note per il loro aiuto nel controllo delle fioriture di meduse. La plastica può sembrare molto simile alle meduse e ciò porta gli animali marini a consumarla. L’accumulo di plastica nei loro stomaci causa problemi di alimentazione o altri problemi medici, che rappresentano un’ulteriore minaccia per loro.

Più tardi, abbiamo avuto la possibilità di incontrare tre tartarughe nell’unità medica con problemi meno gravi [Immagine 3]! Le vasche in cui sono collocate sono dotate di un sistema di riscaldamento specializzato e sono attentamente monitorate.

Gli studenti incontrando le tartarughe

La prima tartaruga che abbiamo incontrato è Faster. È ancora giovane, è stata trovata dai pescatori e ha problemi a mangiare, a causa di alcuni problemi di vista. Scricciolo è una tartaruga più piccola, cresciuta in cattività in Spagna e successivamente rilasciata. Dopo il suo ritrovamento, si sono resi conto che ha problemi di mobilità, a causa della sua incapacità di vedere. L’ultima tartaruga che abbiamo incontrata è Alessia ed è stata trovata da una barca. Nuota con la bocca aperta ed è così che ci ha salutato!

Scricciolo
Alessia
Faster

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


In alcuni casi, prima di rilasciare le tartarughe, vengono posizionati dei dispositivi di localizzazione che permettono agli scienziati, e non solo, di osservare il loro viaggio [(se voletete seguire voi stesso il loro viaggio, potete andare sur seaturtle.org)

L’ultima parte della nostra visita comprendeva la conoscenza di altri animali marini presenti in Italia, come il tursiope (Tursiop truncatus), il delfino striato (Stenella coeruleo alba) e infine il delfino comune (Delphinus delphis), presente anche sugli affreschi romani.

L’ingresso della Stazione Zoologica, decorato con una specie di squalo

Il soffitto è stato decorato da queste specie e da alcune specie di squali, dando la sensazione di entrare in una sorta di santuario mediterraneo, un luogo in cui godere, apprezzare e conoscere le sfide che le specie affrontano negli ultimi decenni.

— Xeni Symeonidou