Updated on Maggio 7, 2024
Il portatore di una tradizione morente
Otto del mattino, la sveglia suona e io penso che sia una bugia. Non voglio alzarmi. Dieci brevi minuti nel letto che sembrano secondi e che sono penosi nelle dinamiche per uscire di casa in tempo. Indosso vestiti d’estate, una t-shirt bruciata dal sole, pantaloni corti strappati dal sale e dall’uso, una felpa contro il freddo mattinale. Feci un caffè di fretta e lo bevvi tutto d’un fiato. Scesi le scale a trotto cercando il mio passaggio, un portatore di una tradizione ancestrale. Il suo viso è una mappa, le sue mani hanno le marche di tutte le risorse che nel mare si possono trovare. I suoi occhi di un blu luminoso paragonabile alle macchie chiare del sabbiale marino dove la Posidonia non esiste. Fui con lui a pescare, a salpare le reti che aveva calato ore prima.
Le reti stavano davanti a casa mia, quel pezzo di terra paradisiaca al quale si chiamò Marina della Lobra, circa 500m dalla costa. Due chilometri di grovigli salpati, poi, dal mare. Fu la mia prima volta pescare; pensai potesse essere un jackpot perché avrei visto tantissimi pesci e perché avrei avuto ore e ore di lavoro per contarli, identificarli e misurarli. Il pescatore mi aveva avvertito che le mie aspettative erano troppo alte. Pensai: vedremo. In fin dei conti erano due chilometri di rete in un posto dove sempre c’è stata pesca abbondante. Quella gente è gente di mare. Il mio pescatore aveva in se generazioni e generazioni della stessa pratica. Era mio compito collaborare per uno studio di valutazione dello stato del mare e delle sue popolazioni di pesci. Identificarli, misurarli, contarli e pesarli. Una metodologia un po’ dettagliata ma non difficile.
Due ore erano passate. Cercai di capire come tutto funzionasse, cercai di addentrarmi nel quotidiano mattinale di un pescatore e insistetti nell’aiutarlo. Due ore passarono da quando avevamo cominciato a salpare la rete. Per mia fortuna, dopo 20min passati ad impegnarmi, vidi tre delfini saltellare vicino alla nostra barca… così vicino da passare circa 10m da noi. Ero felicissima! Fu la mia prima volta vederli nel loro habitat naturale. Il pescatore fu contento per me ma poi si inacidì credendo che alcuni dei nostri pesci sarebbero stati divorati per quegli animali tanto emblematici.
Il tempo passò e io non avrei mai pensato che due chilometri di rete portassero tanto tempo e in mezzo al sale e al sole, al sale e al mare, al sole e al freddo, le reti venivano vuote di pesce. Per mia felicità e conoscimento vidi pesci e altri animali marini che non avevo mai visto ma oltre di essere pochi erano anche piccoli. Capii che non era facile sfilacciarli dalla rete e che era necessaria molta pratica.
Alla fine di 2km di rete, di due ore di raccolta e di impegno, ero sorpresa e triste: in totale, avevamo pescato 12kg di pesce… e pezzi di plastica. Non è niente.
Non è niente!…
Il pescatore mi disse che quarant’anni fa lo scenario non poteva essere paragonato all’attuale, il pescato era abbondante con animali di grossa taglia. Lui giustica la causa di questa catástrofe con lo stato del fondale marino, che è sporco dovuto all’accumulo di plastica in tutte le sue forme. Sfortunatamente sono tanti gli altri motivi per cui il pesce scarseggia vertiginosamente. Ed è triste… Tutto questo mi porta a pensare che seppure gli sforzi di conservazione non siano pochi, siano lontani dall’ essere sufficienti.
Il mare sta morendo. Sta morendo davanti ai nostri occhi e sotto i nostri nasi.
Il mare non ha frontiere, né le delimitate per paesi né delimitate per aree marine protette come la nostra. Il nostro sforzo di conservazione si perde se in altri parti del mare non c’è protezione né uso responsabile delle sue risorse.
La questione si alza: è proprio vero che, se al passo in cui stiamo, nel 2050 ci sarà più plastica di pesce nel mare?
Non mi piacciono fatalismi neppure essere pessimista. Ma esperienze come questa mi fanno avere un’idea nuda e cruda della triste realtà di tanti posti e tutti noi sappiamo che da altre parti è incommensurabilmente peggio. Mai è stato così urgente l’esistenza di consapevolezza ambientale e capire che quello che succede nel mondo naturale ha delle ripercussioni sociali, economiche e politiche a tutti i livelli, dai più sottili ai più evidenti.
Mondo, svegliati. Se non agisci in favore di questa natura che ci ha dato tutti le risorse che ci hanno permesso di prosperare, lei morirà.
E noi pure.