LIBERAZIONE DI TARTARUGHE MARINE ALLA SPIAGGIA DI PUOLO

Quella mattina siamo andati sulla spiaggia di Puolo per aiutare l’Istituto Zoologico Anton Dohrn (SZN) a liberare quattro delle tartarughe che sono date in affidamento. Sono venuti con noi a questo straordinario evento molti studenti delle scuole superiori, cittadini e alcuni amici. La sorpresa e l’eccitazione erano nell’aria, tutti erano pronti per scattare alcune foto e anche sommozzatori subacquei erano pronti a catturare il primo bagno delle tartarughe dopo tanto tempo fuori acqua. Un furgone è arrivato con quattro contenitori all’interno, uno per ogni tartaruga.

Ma chi sono queste tartarughe e qual è la loro storia?

Salvatore, Prometeo, Cicciotta e Callipo. Sono tutti esempi forti e dolorosi di quello che va male durante il ciclo di vita di una tartaruga in questi ultimi giorni “antropogenici”. Sono tutti individui della specie Caretta caretta e tutti condividono la sfortuna di essere stati catturati nelle reti da pesca alcuni mesi fa. Fortunatamente Sandra, Gianluca, Maria Pia e altri colleghi dell’SZN sono stati in grado di salvarli. Salvatore è  l’adulto più grande, con un peso superiore ai 60 kg. È stato catturato da una rete a Febbraio e non ha riportato ferite importanti. Prometeo è un giovanile (quello significa che non è ancora arrivato a l’età adulta e quindi ha meno di 25 anni) che è stato catturato anche per una rete simile. Cicciotta è stata vista galleggiando per un paio di giorni nel mare; chiaramente aveva dei problemi di fluttuazione. Per ultimo ma non meno importante abbiamo Callipo, è anche un giovanile catturato da una rete che gli ha causato alcune ferite nel suo corpo. Tutte loro hanno avuto un trauma grave a causa della tensione della cattura, ragione sufficiente per tenerle in un centro di recuperazione per un periodo considerevole.

Queste tartarughe sono fortunate per diverse ragioni. La prima è che non erano morte con il tempo passato prima che i pescatori le trovassero (per avere informazione in più sulle principale minacce, guardare qui). E soprattutto, in secondo, i pescatori hanno contattato l’area marina invece di rilasciarle. Sfortunatamente molte volte non lo fanno, per le seguenti ragioni: è dispendioso in termini di tempo e nonostante questo tutto ciò può mettere i pescatori in una situazione scomoda se loro stavano pescando in zone non autorizzate (che capita ogni tanto). Solamente 10% dei piscatori locali collaborano con noi e stimiamo che più della metà delle tartarughe che sono prese in reti non sono dichiarate e dunque rilasciate in mare di maniera inappropriata. Ogni anno circa 120 tartarughe sono trovate nelle coste della Campania, metà di cui già morte.

 Perché rilasciare le tartarughe direttamente dopo il bycatch non è appropriato?

Essere catturato con una rete è molto stressante per una tartaruga – in più di essere intrappolate, non si possono muovere, possono essere urtate contro le rocche e altri rottami, ed/o essere ferite dovuto all’amo che hanno confuso solamente come essendo esca e sicuramente possono non poter respirare quando ne hanno bisogno. Come rettili marini, le tartarughe possono vivere sotto l’acqua ma non hanno la capacità di rimanere un tempo lungo senza tornare alla superficie per respirare. Per tutte queste ragioni, poi di essere rilasciate dopo questo stresso intenso le tartarughe hanno difficoltà per ritrovare un senso di orientazione, per riprendersi dalle ferite, per cercare da mangiare e prima o poi avere una morte lenta. Per questo, se una tartaruga è presa in una rete, anche se sembra di buona salute, dovrebbe essere sempre portata in un istituto di ricupero o alla più vicina area marina protetta.

Fortunatamente queste tartarughe sono state salvate e curate. La loro salute era buona ed erano pronte per tornare al mare e nuotare grandi distanze e eventualmente trovare un compagno riproduttivo, una volta che la stagione riproduttiva sta per cominciare. È sempre un momento incredibile, quello di liberare un animale guarito che è in pericolo di estinzione.  Uno dedica la sua vita a loro, mette tutto il suo sforzo e arte nel mestiere di prendere cura e salvare quello che altri tanto incautamente distruggono, liberarle un’altra volta a dove loro appartengono, avendo la speranza e la fede che tutto andrà nel migliore modo possibile e che il suo gesto premuroso faccia una differenza a lungo termine. Questi sono momenti di celebrazione. Ma da una parte c’è la speranza e dall’altra l’incertezza. Speriamo tutti che queste incredibili creature prosperino ancora un’altra volta nel loro sorprendente ma fragile mondo marino. Alla fine della giornata spetta ad ognuno di noi di badarsi della nostra spazzatura, delle nostre abitudini alimentari, dei nostri acquisti e pertanto delle nostre scelte ambientali. Questo è l’unico modo in cui possiamo guarire il nostro mare, la nostre terre, la nostra casa.

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